di Salvo Barbagallo
Le cose appaiono più chiare, in materia di “politica” internazionale dell’Italia, dopo l’intervista rilasciata ieri (domenica 6) al Corriere della Sera: il premier Matteo Renzi in riferimento alla Siria non ha intenzione di offrire un supporto degno di questo nome, in riferimento al terrorismo jihadista, ma auspica una coalizione coerente e affidabile, in riferimento alla Libia ed è pronto (ovviamente assieme ad altri Paesi alleati) a intervenire “qualora” la richiesta provenga dagli attuali due governi, uno riconosciuto (quello di Bengasi) e l’altro no (quello di Tripoli), se la richiesta di aiuto è unanime. In fondo può apparire, questa di Matteo Renzi, l’unica posizione equilibrata, anche se probabilmente è stata “suggerita” dagli USA di Obama. Una posizione, tutto sommato, non nuova, quasi attendista di uno sviluppo inevitabile della situazione, ora che i tagliagola del Califfato nero si stanno spingendo proprio in Libia per sfuggire ai massicci bombardamenti delle forze contrarie in campo (dalla Germania, alla Russia, all’Inghilterra, alla Francia).
Un altro segnale (sorpresa…sorpresa!) giunge anche dalla Nato, che si dichiara “pronta” per un intervento in Libia, così come ha dichiarato il segretario generale dell’Alleanza Jens Stoltenberg, in un’altra intervista rilasciata al quotidiano Repubblica. Renzi e Stoltenberg: un parallelismo di dichiarazioni su due dei principali giornali nazionali con un tempismo ragguardevole, da manuale.
Ed ecco cosa afferma Matteo Renzi nell’intervista rilasciata a Maria Teresa Meli: “La posizione dell’Italia è chiara e solida. Noi dobbiamo annientare i terroristi, non accontentare i commentatori. E la cosa di cui non abbiamo bisogno è un moltiplicarsi di reazioni spot senza sguardo strategico. Tutto possiamo permetterci tranne che una Libia bis.” Non teme che così l’Italia rischia di avere un ruolo marginale nella partita libica?
“Se protagonismo significa giocare a rincorrere i bombardamenti altrui, le dico: no grazie. Abbiamo già dato. L’Italia ha utilizzato questa strategia in Libia nel 2011: alla fine cedemmo a malincuore alla posizione di Sarkozy. Quattro anni di guerra civile in Libia dimostrano che non fu una scelta felice. E che oggi c’è bisogno di una strategia diversa (…) Davanti a Daesh e tutte le forme di terrorismo noi siamo pronti, anche militarmente. Se ci sarà una strategia chiara ci saremo. Ma perché questo accada adesso è cruciale un accordo a Vienna sulla Siria e uno a Roma sulla Libia: ci stiamo lavorando (…) L’Italia è una forza militare impressionante…”
Ed ecco cosa dichiara Jens Stoltenberg nell’intervista concessa a Lucia Abellan, Andrea Bonanni e Sthephan Israel su Repubblica: “L’invio di contingenti significativi di truppe da combattimento da parte della coalizione o dei paesi Nato non è in discussione; gli Usa hanno un certo numero, limitato, di forze speciali operative. L’obiettivo della coalizione e della Nato è di rafforzare le risorse militari locali. Non è facile ma è l’unica alternativa. È necessaria una presenza militare sul territorio, non di forze Nato, ma di forze locali. C’è un messaggio importante da trasmettere: questa non è una guerra tra l’Occidente e il mondo islamico, ma contro l’estremismo e il terrorismo. I musulmani sono in prima linea in questa guerra. La maggior parte delle vittime sono musulmane e sono musulmani anche la maggioranza di quelli che combattono contro l’Is. Alla fin fine noi non possiamo combattere questa battaglia al posto loro. Mi piacerebbe che la Nato facesse di più, ma già facciamo moltissimo…”
Ragionamento ineccepibile, ma è solo un punto di vista politico o militare?
La Nato (verosimilmente) da tempo si prepara per un intervento in Libia: (verosimilmente) l’esercitazione aeronavale terrestre “Trident Juncture”, conclusasi il 6 novembre scorso, ha costituito una sorta di “prova generale” per un evento di questo genere. La “Trident Juncture”, definita la più imponente esercitazione dai tempi della Guerra Fredda, ha visto cooperare 30 paesi alleati, con 36000 uomini in azione e coinvolti velivoli italiani Eurofighter, Tornado e Amx dell’Aeronautica Militare, provenienti da tutti gli Stormi, insieme agli F-16 delle forze aeree alleate di Grecia e Polonia, oltre a un C-130 canadese per il rifornimento in volo dei jet in addestramento. Come è noto è stato l’aeroporto di Trapani Birgi il punto focale delle manovre (protrattesi per quasi un mese), così come accadde per l’attacco alla Libia di Gheddafi nel 2011. La Sicilia è destinata ad essere sempre in prima linea nello scacchiere del Mediterraneo.
Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha precisato: …. in Libia ci teniamo pronti ad assistere un governo nazionale, se ce ne farà richiesta. Non stiamo discutendo di una nuova grande operazione militare in Libia, e del resto non mi sentirei di raccomandarlo. Ma se si formerà un governo di unità nazionale, siamo pronti ad aiutarli fornendo assistenza.
Nel novembre scorso si profilò la possibilità di un governo unico in Libia, poi tutto sfumò. Bisognerà vedere cosa farà la Nato (o qualunque altro Paese) a fronte dell’incalzare degli jihadisti in territorio libico, e se saranno prese decisioni non attendiste per necessità sopravvenute.